Edoardo Montenegro >
Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità. La scommessa è che quanto Calvino diceva nel 1985 trovi una profondità di significato anche nel contesto del microblogging e, in particolare, nella letteratura dispersa e multiforme che oggi leggiamo su twitter.
Io non sono qui per vendervi una merce, il mio obiettivo è stimolare la conversazione. Per farlo, vorrei partire da una constatazione che vi invito da subito a mettere in discussione.
Se Facebook ha trasformato le persone in VIP, massificando il diritto alla celebrità, twitter sta trasformando le persone in ‘maniscalchi’ della scrittura. Ridurre un pensiero a 140 caratteri, infatti, obbliga tutti a lavorare con la lima: prova ne è il fatto che di fronte a un limite tanto stringente alcuni si arrendono e ammutoliscono, uscendo di scena. E’ una sorta di argine naturale contro l’ovvietà. Se questo argine possa reggere davvero oppure no, il dubbio resta: forse bisognerebbe chiederlo ai Wu Ming.
Ciò che sappiamo, al momento, è che twitter ha in comune con la televisione un elemento sostanziale: è un flusso. I flussi noi li conosciamo bene. Fin dall’infanzia, siamo stati drogati da un vortice continuo di spot pubblicitari, inframezzati da cartoni animati giapponesi e telefilm americani. La televisione, di fatto, ha trasformato l’Italia in un paese votato ai palloni di cuoio, ai sordi ululati della politica e alle cosce morte delle veline. Questa cosa ha un nome: si chiama omologazione. Qualcuno se ne era accorto prima che l’omologazione diventasse un potere completamente autoreferenziale.
->Pier Paolo Pasolini, Sabaudia (1973)<-
Non c’è più niente da fare, dice Pasolini: l’omologazione ha già vinto. Se l’intuizione di Pasolini è giusta, in effetti, la società dell’immagine ci ha lasciati del tutto privi di un’algebra, ha spazzato via i nostri punti di riferimento in un atto di persuasione che si compie anticipando il linguaggio, finendo per inglobarlo e scolorirlo prima ancora che si manifesti.
Le lezioni americane (**)
Io non so se noi viviamo in una distopia, ma penso che twitter sia uno degli strumenti che ci permettono ancora di difenderci, di impedire che le immagini vincano definitivamente sulle parole e sulla realtà. E’ per questo che vi chiedo di ripercorrere insieme le Lezioni americane di Italo Calvino. E’ un testo breve, che Calvino scrisse per preparare una serie di conferenze ad Harvard, salvo poi morire prima di poterle raccontare, nel 1985.
Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità. E poi consistenza, che Calvino non fece a tempo a descrivere. Avrebbero dovuto essere Sei proposte per il prossimo millennio. Sei assiomi, i sei elementi su cui fondare un linguaggio nuovo.
La scommessa, per noi, è che quanto Calvino diceva nel 1985 trovi una profondità di significato anche nel contesto del microblogging e, in particolare, nella letteratura dispersa e multiforme che oggi leggiamo su twitter. Se questo fosse vero, Calvino ci avrebbe già indicato l’inizio del cammino da seguire.
Se noi riusciamo a metterci d’accordo su alcuni principi chiave, infatti, poi possiamo decidere come meglio combinare Hashtag (#), Retweet (RT), citazioni (@) e codici per rendere i nostri messaggi più efficaci. Del resto, una struttura algebrica è proprio questo: un aggregato di una o più operazioni formalizzate che rispondono a specifici assiomi, a partire dai quali è poi possibile giungere a conclusioni più generali (***). Ma prima, è necessario fare un passo indietro: bisogna trovare un accordo sociale su quali siano i principi base, gli assiomi stessi del nostro linguaggio.
Letteratura, vincoli e innovazione
Il presupposto di twitter è la brevità. Chi si occupa di innovazione sa che l’esistenza di un vincolo è il principale stimolo a cambiare ed inventare qualcosa. A Calvino i vincoli piacevano a tal punto da voler fare di ogni sua opera il frutto di una regola sistematica: “Il mio temperamento mi porta allo ‘scrivere breve’ – scriveva – e queste strutture mi permettono d’unire la concentrazione nell’invenzione e nell’espressione con il senso delle potenzialità infinite.” (LA, 131)
Un autore che Calvino amava molto, Jorge Luis Borges, mentre racconta della periferia di Buenos Aires a un certo punto scrive: “Ci duole ammettere che la nostra opinione di una frase possa non essere quella definitiva. Ci affidiamo alle frasi, visto che non crediamo ai capitoli.” (Evaristo Carriego, 100)
1. => Sii leggero
“La leggerezza pensosa può far apparire
la frivolezza come pesante e opaca”
Perché è importante la leggerezza? Per spiegarlo, Calvino pensa all’informatica: “E’ vero che il software non potrebbe esercitare i poteri della sua leggerezza se non mediante la pesantezza del (sic) hardware; ma è il software che comanda, che agisce sul mondo esterno e sulle macchine, le quali esistono solo in funzione del software […]. La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d’acciaio, ma come i bits d’un flusso d’informazione che corre sui circuiti sotto forma d’impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso.” (LA, 12)
La leggerezza, secondo Calvino, è riconducibile soprattutto a due immagini: la prima è di Boccaccio, e ritrae Guido Cavalcanti accerchiato da seccatori, mentre se ne libera col “salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite.” (LA, 16)
La seconda immagine è quella di “Don Quijote che infilza con la lancia una pala del mulino a vento e viene trasportato in aria”. Questa immagine, dice Calvino, “occupa poche righe del romanzo di Cervantes; si può dire che in essa l’autore non ha investito che in minima misura le risorse della sua scrittura; ciononostante essa resta uno dei luoghi più famosi della letteratura di tutti i tempi.” (LA, 20-22)
Ecco, la leggerezza in twitter mi pare un elemento essenziale. E sta tutta nella capacità di dosare l’intensità dei contenuti con uno sguardo trasognato e apparentemente distratto, in grado di essere inclusivo con il lettore, senza tuttavia distrarlo. Penso, ad esempio a questo dialogo:
=> Buongiorno @simonepieranni e buon venerdì, più o meno <= => @simonespetia buongiorno a te. Il bianco ci affonda, in questo buongiorno da dissidenti #Cuba e #Cina <=
@simonepieranni e @simonespetia, l’uno in Italia l’altro in Cina, stanno parlando di uomini incarcerati e assassinati, ma lo fanno con una leggerezza disarmante e salvifica: “esiste una leggerezza della pensosità, come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca.” (LA, 15)
Se dovessi consigliarvi un testo, per riscoprire il piacere della leggerezza, vi direi di leggere Volo di notte di Antoine de Saint-Exupéry. Mi viene da pensare, infatti, che essere leggeri significa sapersi librare in volo in una notte di tempesta.
2. => Sii rapido
“Sogno immense cosmologie saghe ed epopee
racchiuse nelle dimensioni d’un epigramma”
La brevità, secondo Calvino, è un attributo della rapidità: “Nei tempi sempre più congestionati che ci attendono, – dice Calvino – il bisogno di letteratura dovrà puntare sulla massima concentrazione della poesia e del pensiero.” (LA, 58)
Per ritrovare l’archetipo della rapidità Calvino si affida a Giacomo Leopardi: “La rapidità e la concisione dello stile piace [spiegava Leopardi nello Zibaldone,] perché presenta all’anima una folla d’idee simultanee, così rapidamente succedentisi, che paiono simultanee, e fanno ondeggiar l’anima in una tale abbondanza di pensieri, o d’immagini e sensazioni spirituali, che ella o non è capace di abbracciarle tutte, e pienamente ciascuna, o non ha tempo di restare in ozio, e priva di sensazioni.” (LA, 49-50)
Ora, la dipendenza con cui twitter ci seduce è quella stessa folla di idee simultanee di cui parlava Leopardi. La televisione mi imporrebbe di cambiare canale per cercare rara qualità in un immondezzaio: su twitter, invece, nel medesimo flusso @fulviomassa mi racconta dei tumulti a Bengàsi, @Phastidio esamina in controluce le liberalizzazioni, qualcuno ritwitta un verso di Alda Merini, @dileovale commenta l’intervista a Mario Monti in onda in quel momento su Rai Tre e @nelalazarevic lamenta l’abuso delle parole ‘giallo’ e ‘allarme’ nei titoli dei giornali.
“In un’epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano, e rischiano d’appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura è la comunicazione tra ciò che è diverso in quanto è diverso, non ottundendone bensì esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto.” (LA, 52)
Il flusso televisivo annulla la realtà, mentre il flusso di twitter sembra riportarla in vita. Ma nulla è automatico: bisogna saper scegliere. “La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte qualità che s’accordano con una scrittura pronta alle divagazioni, a saltare da un argomento all’altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte.” (LA, 53)
Fra i testi con cui imparare a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo, vi consiglio gli scritti di Charles Sanders Peirce. A leggerlo, si comprende che la forza di un tweet sta nel suo manifestarsi immediatamente come puro segno linguistico: un’icona, la foto di chi twitta; un indice, il nome di chi twitta; e un simbolo, il contenuto del tweet.
3. => Sii esatto
“Il poeta del vago può essere
solo il poeta della precisione”
Perché su twitter ci preoccupiamo tanto del significato della parole? Calvino forse può aiutarci a rispondere, a spiegare le ragioni di questa ansia metalinguistica: “Credo che la mia prima spinta venga da una mia ipersensibilità o allergia: mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un’intolleranza per il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso. Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario” (LA, 65-6)
E’ davvero così? Io credo di sì, perché twitter a suo modo esalta lo sforzo lessicale. “Viviamo sotto una pioggia ininterrotta d’immagini; i più potenti media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di specchi: immagini che in gran parte sono prive della necessità interna che dovrebbe caratterizzare ogni immagine, come forma e come significato, come forza d’imporsi all’attenzione, come ricchezza di significati possibili. Gran parte di questa nuvola d’immagini si dissolve immediatamente come i sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione d’estraneità e di disagio.”
“Ma forse – continua Calvino – l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo. La peste colpisce anche la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine. Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita, e a cui cerco d’opporre l’unica difesa che riesco a concepire: un’idea della letteratura.” (LA, 67)
Se è di esattezza che sentite il bisogno, allora il testo che vi suggerisco di cercare è un racconto lungo di Carlo Cassola, che si intitola Il taglio del bosco: per ritrovare l’esattezza noi dobbiamo fare il vuoto intorno, e riscoprire che scegliere le parole giuste è come togliere le foglie da un ramo, come lavorare d’ascia sulle incrostazioni della nostra memoria.
“Il poeta del vago – spiega Calvino – può essere solo il poeta della precisione, che sa cogliere la sensazione più sottile con occhio, orecchio, mano pronti e sicuri.” (LA, 69)
4. => Sii visibile
“Le visioni polimorfe degli occhi e
dell’anima si trovano in righe di caratteri”
Abbiamo parlato in modo negativo delle immagini e non vorrei che ci fraintendessimo. Su questo Calvino è molto chiaro. Il problema non sono le immagini, ma lo squilibrio che ormai si è creato fra le immagini che subiamo attraverso alcuni media e quelle che siamo in grado di concepire con la nostra mente. Un tempo le persone ascoltavano i racconti dei cantastorie, oggi non lo fanno più.
Allora, “quale sarà il futuro dell’immaginazione individuale – si chiede Calvino – in quella che si usa chiamare la ‘civiltà dell’immagine’? Il potere di evocare immagini in assenza continuerà a svilupparsi in un’umanità sempre più inondata dal diluvio delle immagini prefabbricate? […] Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini.” (LA, 102-4)
Ecco, io credo che la forza di twitter stia proprio qui: nella capacità di farci sedere di nuovo attorno al fuoco. twitter ci sta obbligando, come suggeriva Calvino “a fare un uso ironico dell’immaginario dei mass media, oppure a immettere il gusto del meraviglioso ereditato dalla tradizione letteraria in meccanismi che ne accentuino l’estraneazione.” Pensate al modo in cui su twitter commentiamo gli eventi televisivi e a come riformuliamo le immagini letterarie, a partire dai Friday Reads.
“Tutte le ‘realtà’ e le ‘fantasie’ – dice ancora Calvino – possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale; le visioni polimorfe degli occhi e dell’anima si trovano contenute in righe uniformi di caratteri minuscoli e maiuscoli, di punti, di virgole, di parentesi; pagine di segni allineati fitti fitti come granelli di sabbia rappresentano lo spettacolo variopinto del mondo in una superficie sempre uguale e sempre diversa, come le dune spinte dal vento del deserto.” (LA, 110)
Se è di visibilità che sentite il bisogno, io vi suggerisco di tornare alla beat generation e di leggere, o rileggere, lo scandaloso capolavoro di Allen Ginsberg, Urlo. Perché il linguaggio per rendersi visibile ha bisogno di una sola cosa: liberarsi da ogni inibizione, e restare nudo.
5. => Sii molteplice
“Non è più pensabile una totalità
che non sia potenziale, congetturale, plurima”
C’è un ultimo elemento che rende twitter così interessante, il fatto che qui si incontrino in modo orizzontale persone e saperi diversi: giornalisti, scrittori, architetti, politici, studenti, fruttivendoli, economisti e ciclisti. Se l’Italia della prima classe televisiva è piatta, l’Italia che su twitter viaggia nelle pieghe interrrotte della seconda classe, come vorrebbe Paolo Rumiz, è eterogenea, bella, profonda e complessa.
Per questo credo che Calvino su twitter si sentirebbe a suo agio: “la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo” (LA, 123). La cosa che mi sorprende di più, nelle Lezioni americane, è come Calvino riuscisse a precorrere i tempi: la sua capacità di osservare il futuro reggendosi sulla sola storia della letteratura è folgorante. Sentite che cosa scriveva dieci anni prima della nascita del web, quindici anni prima che nascesse Wikipedia: ”Quella che prende forma nei grandi romanzi del XX secolo è l’idea d’una enciclopedia aperta, aggettivo che certamente contraddice il sostantivo enciclopedia, nato etimologicamente dalla pretesa di esaurire la conoscenza del mondo rinchiudendola in un circolo. Oggi non è più pensabile una totalità che non sia potenziale, congetturale, plurima.” (LA, 126-127)
Ora, su twitter la molteplicità è un fattore costituzionale: molteplici i mittenti, molteplici i destinatari, e una focalizzazione primaria sul messaggio, intrecciando – a partire da contesti profondamente diversi, – una innumerevole varietà di codici che per funzionare raccolgono tracce disperse in altri media. Calvino non disponeva di twitter, ma sembra quasi immaginarlo quando pensando a Paul Valery descrive l’archetipo di un’opera “che corrisponde in letteratura a quello che in filosofia è il pensiero non sistematico, che procede per aforismi, per lampeggiamenti puntiformi e discontinui.” (LA, 139)
Il valore che Calvino cerca qui disperatamente è la fuoriuscita dell’io da se stesso: “magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica…”. (LA, 134-5)
Calvino non lo cita, ma se volessimo trovare le tracce della molteplicità di cui parla probabilmente dovremmo farlo nelle Satire di Orazio, perché la satira latina rappresentava davvero questo: un intreccio irregolare di argomenti e stili diversi. E poi, forse, dovremmo giocare su twitter con Gli esercizi di stile di Raymond Queneau, riscrivendo in almeno cento modi diversi la stessa storia, anziché in una pagina – come faceva Queneau – in un solo tweet.
Cosa direbbe Italo Calvino a Pier Paolo Pasolini?
Siamo partiti dalla disperata constatazione di Pasolini sul trionfo dell’omologazione, ma dobbiamo concludere che non ci è data nessuna speranza? In realtà, è come se oggi Calvino ci stesse dicendo che per vincere l’omologazione noi possiamo polverizzare il nostro io nella realtà, in modo da ricostruirne le mille sfaccettature e riscattarci così dalla nostra stessa vanità. Se non lo faremo, il rischio che corriamo è descritto chiaramente nelle Cosmicomiche.
“Nell’universo ormai non c’erano più un contenente e un contenuto, ma solo uno spessore generale di segni sovrapposti e agglutinati che occupava tutto il volume dello spazio, era una picchiettatura continua, minutissima, un reticolo di linee e graffi e rilievi e incisioni, l’universo era scarabocchiato da tutte le parti, lungo tutte le dimensioni. Non c’era più modo di fissare un punto di riferimento: la Galassia continuava a dar volta ma io non riuscivo più a contare i giri, qualsiasi punto poteva essere quello di partenza, qualsiasi segno accavallato agli altri poteva essere il mio, ma lo scoprirlo non sarebbe servito a niente, tanto era chiaro che indipendentemente dai segni lo spazio non esisteva e forse non era mai esistito.”
->ildoobio, american lessons (2007)<-
Che twitter possa davvero servire come arma di difesa, o non finisca esso stesso per cadere in balia del media mainstream, resta la grande questione.
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* About:Blank, Torino, 04.02.2012. Appunti per il convegno “TTT03. L’algebra di twitter. Appunti sulle Lezioni americane di Italo Calvino”
** Edizione di riferimento: Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Palomar e Mondadori, [1985] 1993 (2002, pp. 161).
*** Ad esempio, potremmo dire che un Follow Friday è una combinazione algebrica fra un hashtag (#) e una citazione (@)? Oppure, che una Retweet (RT) agisce su una citazione o su una somma di citazioni (@), generando una moltiplicazione. O infine, che un Trending Topic (#TT) agisce come un’operazione elevamento a potenza.