Hassan Bogdan Pautàs (*) >
La tecnologia contribuisce a cambiare il modo in cui ci confrontiamo con la letteratura e i suoi luoghi? Porsi questa domanda significa chiedersi come innovare la comunicazione culturale sul territorio.
Se la Fondazione Cesare Pavese, il Parco Culturale Piemonte Paesaggio Umano e l’ATL Alba Bra Langhe e Roero hanno deciso di portare La luna e i falò su twitter, significa che hanno iniziato a muoversi in questa direzione. Perché? Immedesimiamoci in un cittadino del futuro prossimo. Cosa accadrebbe se a Torino un turista si fermasse in via Lamarmora 35, di fronte alla casa in cui Cesare Pavese visse per vent’anni, e puntando il suo smartphone su una lapide commemorativa potesse essere sbalzato a Santo Stefano, nelle stanze della Fondazione Cesare Pavese, fra fotografie, testi e filmati?
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Io credo che la sua esperienza sinestetica ne risulterebbe arricchita, e comincerebbe a viaggiare nelle Langhe prima ancora di esserci stato. Ma non basta: probabilmente sentirebbe il bisogno di condividere questi contenuti sul web e, soprattutto, di completarli con una parte di se stesso. Ecco, twitter agisce soprattutto su questo livello: l’arricchimento dei contenuti attraverso la condivisione delle emozioni generate da ciò che si legge.
Tutto ciò può avvenire per le strade di Santo Stefano, sulla Gaminella o al Salto, e in ogni angolo delle immobili colline su cui Cesare Pavese lasciò il suo segno. Non solo perché nel nostro paese ci sono oggi circa ventidue milioni di telefoni cellulari di ultima generazione, ma anche e soprattutto perché in Italia più che altrove esistono storie e vite da raccontare.
Dico anzi che nessun luogo sembra più fertile delle Langhe per seminare questi germogli di innovazione, perché qui esiste una risorsa che in altre regioni del Paese purtroppo manca: una cultura diffusa che da sempre intreccia in modo virtuoso la libera iniziativa delle persone al senso del bene comune.
#LunaFalò: twitter e la letteratura
Allora perché portare La luna e i falò su twitter? Non si tratta di fare letteratura o di inventare una #twitteratura, cosa che personalmente considero impossibile o, al più, fuorviante. twitter non è un luogo in cui scrivere romanzi o poesie, bensì uno spazio straordinario per generare interesse attorno alla letteratura, per giocare con i libri. Prova ne è l’attenzione che la XXV edizione del Salone del Libro di Torino gli ha riconosciuto.
Certo, discernere è ancora difficile: si tratta di uno scenario in tumultuoso mutamento, ed è di per sé illusorio costruire una bibliografia a riguardo. Eppure, ciò che sappiamo è che da tempo ci si pone il problema di come usare le nuove tecnologie per sostenere l’insegnamento della letteratura, e che in alcune università già si sperimenta l’uso di twitter per svolgere esercizi condivisi di lettura e di riscrittura dei testi.
In un’intervista al Guardian, Rosie Miles (@MsEmentor), docente presso l’Università di Walverhampton, racconta come utilizza il paradigma di comunicazione di twitter per insegnare agli studenti la letteratura inglese dell’età vittoriana (Twitterus Academicus). Ebbene, giocare a scrivere brevi messaggi su ciò che si legge sembra avere un doppio effetto: l’attenzione nella lettura aumenta, e il testo viene riletto più e più volte; la condivisione delle ‘riscritture’ in forma di tweet, inoltre, diventa un attento esercizio di stile condiviso.
In Italia è significativo l’esperimento condotto dal Goethe Institut, che con GrimmRemix attraverso l’account @fratelligrimm ha condotto dal 7 maggio al 5 giugno 2012 uno splendido esercizio di riscrittura partecipata delle favole dei Fratelli Grimm: di fatto, un vero e proprio “format di ‘edutainment’ intorno alle fiabe che usa twitter come una macchina narrativa collettiva in cui i followers diventano autori di una riscrittura ‘open source’ delle storie”.
#LunaFalò è riscrivere Pavese con gli occhi di Nuto
Ciò ha implicazioni importanti. Significa che noi non dobbiamo pensare di riscrivere La luna e i falò con la penna di Cesare Pavese: dobbiamo farlo con gli occhi di Nuto, con la voce di chi vuole che questa terra e le sue storie continuino ad essere raccontate. E’ uno dei modi per dimostrare che Cesare Pavese è un classico: perché prescinde dal tempo e dal medium con cui se ne evoca il messaggio.
->La luna e i falò – Radiodramma RAI del 1980<-
Il Direttore della Fondazione Cesare Pavese Pierluigi Vaccaneo ed io sappiamo che questo gioco è divertente. Ogni mattina, da alcuni mesi, ci scambiamo versi e frasi di Pavese attraverso i nostri account su twitter (@PaveseCesare e @TorinoAnni10) fra una tazza di caffé, uno smartphone ed un croissant. Per quanto ci riguarda, potremmo non smettere mai. E tanto basterebbe.
Ma vorremmo che dalla prossima settimana, dal 25 giugno, questo gioco appartenesse a tutti: agli appassionati di Cesare Pavese così come a chi non lo conosce affatto. Perché pensiamo che i libri debbano essere portati fuori dalle biblioteche. Il nostro è un obiettivo di divulgazione giocosa: un tentativo di per sé non sufficiente, certo, ma necessario. E per fare in modo che tutto ciò accada, come si fa nelle buone scuole di scrittura, ci siamo dati due maestri inappuntabili, Italo Calvino e Raymond Queneau.
#LunaFalò: da Calvino a Queneau
Dal Calvino delle Lezioni americane assumiamo l’idea della scrittura come esercizio possibile a partire dalla definizione di regole e vincoli, che costituiscono il presupposto stesso del racconto.
In questo caso, si tratta di scrivere 140 caratteri, almeno ogni due giorni, per raccontare i 32 capitoli de La luna e i falò. Ci sono un vincolo di spazio, un vincolo di tempo ed un vincolo di contenuto: tutti gli ingredienti necessari per cominciare a raccontare una storia.
Calvino indica nelle forme brevi il sentiero stesso su cui preservare la possibilità di scrivere in un’era frenetica come la nostra. Non si tratta soltanto di giocare scrivendo, ma anche e soprattutto di esercitare attraverso la scrittura una resistenza culturale all’omologazione della società dell’immagine: “Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita, – scrive Calvino, – e a cui cerco d’opporre l’unica difesa che riesco a concepire: un’idea della letteratura.” (LA, III).
Ora, se da Calvino apprendiamo come raccontare una storia nella sua diacronia, a Queneau chiediamo come sia possibile riscrivere in sincronia uno stesso capitolo in infiniti modi diversi. Con gli Esercizi di stile, Queneau dimostra con forza di penna che uno stesso piccolo aneddoto può essere riscritto in cento e più modi diversi: chi scrive può infatti interpretare caratteri di volta in volta differenti e, soprattutto, può ricorrere a registri e a scelte lessicali molteplici.
Se ciò avviene, si realizza una moltiplicazione algebrica di messaggi, in potenza una vera e propria progressione geometrica. Nel caso di #LunaFalò, è infatti sufficiente che dieci persone decidano di riscrivere – ciascuna in cinque modi diversi – i 32 capitoli del racconto, per avere su twitter in capo a poco più di due mesi 1500 micromessaggi pubblici, rivolti a migliaia di utenti, che parlano di Cesare Pavese e della sua terra. E’ un esercizio di memoria civile.
Sulle orme di #TweetQueneau
Ora, noi non sappiamo che ne sarà de La luna e i falò su twitter: innovare esclude il semplice adattamento a ciò che già si conosce. Scherzando, Pierluigi Vaccaneo ed io ci diciamo che lo scopriremo solo twittando. Oggi, tuttavia, posso raccontarvi che cosa è accaduto con un esperimento simile, che si chiama #TweetQueneau.
Per più di tre mesi, dal 4 marzo all’11 giugno 2012, ci siamo divertiti a portare su twitter gli Esercizi di stile, con lo stesso metodo che useremo per #LunaFalò. E’ cominciato tutto per caso, da una simpatica sfida con Giulia Sciannella (@Muuffa). Giorno dopo giorno, persone che di fatto non si conoscevano si sono incontrate su twitter e hanno deciso di lavorare insieme su un testo letterario. Che cosa accade, di significativo, in casi come questo?
Profondità: le persone cercano sul web contenuti più densi su Raymond Queneau e l’accademia dell’Oulipo, riproponendoli su twitter (copertine di libri, delle fotografie, qualche testo, ecc.).
Riverbero: i messaggi più divertenti vengono ritwittati, ovvero rimessi in circolazione su twitter, e commentati con simpatia.
Socievolezza: le persone stabiliscono una rete virtuale che tende a riproporsi come rete fisica, con idee e progetti. Queneau diventa un cemento di stima e di amicizia.
Anche se è difficile rendere a voce il senso di questi messaggi, scritti al mattino sull’autobus, in coda al supermercato o a letto in preda a raptus insonni, vi leggerò qualche esempio raccolto fra i cinguettii di Antonio Giuttari (@AGiuttari) Francesco Elli (@francescoelli), Paolo Costa (@PaoloCosta), Paolo Morelli (@uncronista), Paolo Ghivarello (@duendeturin) Simone Oropallo (@SOropallo) e Giulia Sciannella (@GiuSci), mentre è in corso l’editing dello storify definitivo su #TweetQueneau.
L’originale e le copie
Come vedrete, non si tratta di letteratura, né vuole esserlo. Si tratta di infinite copie di un modello culturale ‘alto’, un libro, riproposto attraverso uno strumento di comunicazione di massa, twitter.
I tweet letterari sono come le infinite copie della Gioconda di Leonardo: non si sostituiscono all’originale, ma svolgono un ruolo importante. Ci ricordano che quel dipinto esiste, e che almeno una volta nella vita dovremmo andare a Parigi per guardarlo con i nostri occhi.
Ecco, questo è ciò che da lunedì 25 giugno vorremmo fare su twitter con Cesare Pavese e La luna e i falò.
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* Santo Stefano Belbo, 15.06.2012. Appunti per il convegno “#LunaFalò: Cesare Pavese ai tempi della twitteratura”.