Cecco Angiolieri, Rime, (a cura di G. Cavalli), Milano, BUR, 1979.
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Cecco Angiolieri nacque a Siena nel 1257, in una famiglia ricca e potente. Guelfo, nel 1281 partecipò all’assedio contro i Ghibellini asserragliati a Roccastrada. Nel 1289 militò coi fiorentini contro Arezzo, ed è possibile che abbia conosciuto Dante Alighieri. Più volte multato per la sua condotta in guerra e per la sua condotta pubblica, nel 1296 fu allontanato da Siena per ragioni politiche. Dal 1303 visse a Roma, protetto da un cardinale senese. Si suppone sia morto tra il 1310 e il 1313. I figli rinunciarono all’eredità perché troppo gravata da debiti. Leggi la scheda su Wikipedia.
Mercoledì 16 luglio 2014
VIII
Quando veggio Becchina corrucciata
se io avesse allor cuor di leone,
sì tremarei com’un picciol garzone
quando’l maestro gli vuol dar palmata.
L’anima mia vorrebbe esser non nata,
nanzi ch’aver cotale afflizìone;
e maledico el punto e la stagione
che tanta pena mi fu destinata.
Ma s’io devesse darmi a lo nemico,
e’ si convien che io pur trovi la via
che io non temi el suo corruccio un fico.
Però, s’e’ non bastasse, io mi morrìa;
ond’io non celo, anzi palese ’l dico,
ch’io provarò tutta mia valentìa.
XLVII
– Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito?
– Che mi perdoni. – Tu non ne se’ degno.
– Merzé, per Deo! – Tu vien’ molto gecchito.
– E verrò sempre. – Che sarammi pegno?
– La buona fé. – Tu ne se’ mal fornito.
– No inver’ di te. – Non calmar, ch’i’ ne vegno.
– In che fallai? – Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito.
– Dimmel’, amor. – Va’, che ti vegn’un segno!
– Vuo’ pur ch’i’ muoia? – Anzi mi par mill’anni.
– Tu non di’ ben. – Tu m’insegnerai.
– Ed i’ morrò. – Omè che tu m’inganni!
– Die tel perdoni. – E che, non te ne vai?
– Or potess’io! – Tègnoti per li panni?
– Tu tieni ’l cuore. – E terrò co’ tuoi’ guai.
Giovedì 17 luglio 2014
CI
Dante Alighier, Cecco, ’l tu’ serv’e amico,
si raccomand’a te com’a segnore;
e sì ti prego per lo dio d’Amore,
il qual è stat’un tu’ signor antico,
che mi perdoni s’ispiacer ti dico,
ché mi dà sicurtà ’l tu’ gentil cuore;
quel ch’i’ ti dico, è di questo tenore:
ch’al tu’ sonetto in parte contraddico.
Ch’al meo parer ne l’una muta dice
che non intendi su’ sottil parlare,
a que’ che vide la tua Beatrice;
e puoi hai detto a le tue donne care
che tu lo ’ntendi: adunque, contraddice
a
se medesmo questo tu’ trovare.
CII
Dante Alighier, s’i’ so bon begolardo,
tu mi tien’ bene la lancia a le reni
,
s’eo desno con altrui, e tu vi ceni;
s’eo mordo ’l grasso, tu ne sugi ’l lardo;
s’eo cimo ’l panno, e tu vi freghi ’l cardo:
s’eo so discorso, e tu poco raffreni;
s’eo gentileggio, e tu misser t’avveni;
s’eo so fatto romano, e tu lombardo.
Sì che, laudato Deo, rimproverare
poco pò l’uno l’altro di noi due:
sventura o poco senno cel fa fare.
E se di questo vòi dicere piùe,
Dante Alighier, i’ t’averò a stancare;
ch’eo so lo pungiglion, e tu se’ ’l bue.
Venerdì 18 luglio 2014
LXXXVI
S’i’ fosse foco, arderéi ’l mondo;
s’ i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;
s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei;
s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente farìa da mi’ madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.
LXXXVII
Tre cose solamente mi so ’n grado,
le quali posso non ben men fornire:
ciò è la donna, la taverna e ’l dado;
queste mi fanno ’l cuor lieto sentire.
Ma sì me le conven usar di rado,
ché la mie borsa mi mett’al mentire;
e quando mi sovvien, tutto mi sbrado,
ch’i’ perdo per moneta ’l mie disire.
E dico: – Dato li sia d’una lancia! –
Ciò a mi’ padre, che mi tien sì magro,
che tornare’ senza logro di Francia.
Trarl’un denai’ di man serìa più agro,
la man di pasqua che si dà la mancia,
che far pigliar la gru ad un bozzagro.
Il gioco di Tw Letteratura per #2019SI si conclude con Alberto Prunetti
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