Questa piccola Pavia sotterranea fatta di talenti nascosti.
di Debora Borgognoni

Al 17 di Quai d’Anjou, Parigi, c’era un hotel barocco, il Primodan. Proviamo a immaginare quelle stanze fumose dove l’arte prendeva forma e le grandi idee emergevano. Era il Club des Haschischins. Baudelaire, Gautier, Delacroix. Scrittori, poeti, artisti. Sbuffi di fumo, luci di candele, bicchieri d’assenzio gettavano le basi per quello che oggi studiamo ancora sui libri universitari.
L’arte nasce in spazi intimi, è condivisa ma sorge in sordina. Per questo la vogliamo definire underground.
Pavia non è Parigi. Non è New York, non ha musei celebri e garage leggendari dove l’arte fa notizia immediata. Eppure è madre di nomi importanti. Marco Lodola e le sue sculture luminose, Mino Milani con i suoi personaggi familiari, Max Pezzali e gli 883, il compositore Pino Calvi, il pittore degli scapigliati Tranquillo Cremona. Tanto per citarne alcuni.
Loro sono i Maestri ma noi vogliamo trovare gli eredi.
C’è Mauro Negri, bronese, fotografo. Ritratti alla Modigliani, fiori in movimento, paesaggi tipicamente oltrepadani. Dal suo libro “ink, needles and passion”, edito da Greta Edizioni, emergono bianchi e neri che sono schizzi perfetti e immortali, spezzati dal contrasto del vero soggetto: il tatuaggio. E i luoghi? «Ti parlavo del Santuario di Torricella Verzate – racconta Mauro di quello che sarà lo scenario fotografico per il suo secondo libro, “Visitatio Parrochialis Ecclesie Torricelle”, in uscita per il 22 giugno – un gioiello edificato sulla roccia, un posto mistico, inaspettato in questo suo silenzio surreale.»
I suoi soggetti sono evanescenti eppure profondi. Il suo pensiero è «odierno e mutevole. Sono sulla strada della semplicità, che in molti hanno abbandonato per seguire vie basate sullo stupore ad ogni costo. Questo non vuol dire che sia un reazionario, anzi, adoro tutto quello che porta innovazione. Caravaggio se avesse avuto Instagram avrebbe fatto dei selfie. Il suo Narciso in fondo cosa fa?»
Non si può parlare di arte senza fare un excursus nella musica. Ovviamente.
Andrès Villani è un saxofonista e flautista jazz, ora impegnato nel programma tv The Voice. Ha suonato con nomi come Collins e Boublé, e ha un’adorazione per Miles Davis. Il suo carattere swing è emerso nel tempio della musica pavese, Spaziomusica,«un luogo casalingo, piccolo, la cui bellezza consiste nell’avere gli spettatori a pochi centimetri, nel poterli guardare negli occhi. Il mio sax era mischiato alle voci, al divertimento del pubblico, all’energia che da musicista provo sempre nel contatto con chi mi ascolta».Andrès insegna al Civico Istituto Musicale Vittadini e chissà se qui troverà il suo erede.
Essendo affascinati dai luoghi dell’arte, continuiamo il nostro percorso metropolitano in garage tappezzati di contenitori di cartone per le uova, incollati sopra uno strato di lana di roccia. I Gordon provano fino a notte, compongono musica, testi, stringono amicizie sempre più profonde. E sognano di vivere di musica. Il leader e voce, Stefano Bertelegni, è l’autore della canzone Fragile con la quale la band ha aperto la fiera di Voghera che si è tenuta il 29 maggio, dopo averla presentata la prima volta a un festival nazionale lo scorso marzo. Nicolò Colombo, chitarra solista, e Marcello Saglia alla batteria raccontano: «Il nome Gordon è un tributo ai Nomadi. Siamo una tribute band, ma abbiamo identità differenti, dal metal al blues al rock italiano. Il bello è mischiare il tutto in un unico obiettivo». Giacomo Versace suona il basso e sa che quella è la sua strada. Parla di sé con sinestesie: «sono composto dai colori dell’arcobaleno. Ogni giorno ne indosso uno.» Per Francesco Mapelli, chitarrista con anima blues, e Cosmanuel De Siato, tastiera, «in sala prove e nei live è sempre un’emozione, perché nel sound che ricreiamo c’è qualcosa di magnetico che ci trasmette sensazioni positive».
E poi l’arte visiva universalmente nota: la pittura. Chiara Luise è una giovane pavese appena laureata in Lingue. Ma è solo una copertura. In realtà è un’artista della Pavia underground. Il suo stile è una sorta di dicotomia: sogno e incubo, colori e sbavature, morbidezza e forza, si intrecciano in disegni, dipinti, opere di digital art, in acrilici su legno o carta, nel colore di gessetti e pastelli. Scrive: «Dipingere è l’unico modo per annullarmi/ io non so più chi sono, è l’unica via per me/di pensare ad altro, di essere altro. […] Oltre a voi. Oltre a me. Malgrado me.»
Mariangela Schiappelli e Luciana Casatti hanno esposto insieme al Paviart. Mariangela lavora «intorno a un’idea usando i colori schiaffeggiati sulla tela con decisione e armonia.» Non è questione di significato, l’arte non si deve spiegare, perché «il tutto deve suggerire uno stato d’animo. La spatola ti costringe a usare una generosa dose di colore puro che trova quasi da solo le sue sfumature mischiandosi.» La sua tecnica è quindi un affascinante gioco di colori: «Io uso pigmenti acrilici, paste acriliche, olio, tutto ciò che in quel momento mi serve per esaltare un punto.» Pavia è la sua città, di nascita e di cuore. E racconta così il confronto con un luogo apparentemente invisibile. «Le atmosfere particolari c’erano in tempi non sospetti, quando la necessità di esprimersi con la propria arte era nascosta e compressa dalla fatica di costruirsi un’identità invece che lasciarla fluire.»
E infine, ciliegina sulla torta, la letteratura. Giadadea Canobbio è una piccola scrittrice al suo libro d’esordio, autopubblicato. Ce lo spiega via whatsapp in un monologo sciolto e senza filtri, e anche un po’ dolcemente enfatico.
“Ginni, Hermione e Luna e l’erede del Serpeverde” è un romanzo fantasy ambientato in una città immaginaria, che noi vogliamo credere sia una Pavia magica vista da una tredicenne piena di creatività. «Quando sono nel mio mondo, nessuno può disturbarmi. E qui adoro descrivere dettagliatamente i miei pensieri».
E i suoi pensieri sono il frutto di una Pavia che ha ancora molte voci da ascoltare, molti luoghi d’arte da scoprire. Molti pezzi di noi in cui specchiarci.