Cultura 3.0 e comunità di pratica

“Una cultura che accade soprattutto dove vive e lavora la gente. Creazione collettiva. Non pubblico, ma gente che partecipa a quello che accade in prima persona.” Abbiamo intervistato Pier Luigi Sacco sul senso della candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura 2019.

Siena - Intervista Pier Luigi Sacco
Dal 25 giugno al 21 luglio 2014 con #2019SI abbiamo dato vita su Twitter ai personaggi storici di Siena e alle loro storie. Oggi, a poche settimane dal verdetto che deciderà quale città italiana sarà Capitale Europea della Cultura 2019, cerchiamo di scoprire le peculiarità del progetto toscano e i suoi punti di contatto con l’esperienza di Tw Letteratura.

Fino a pochi anni fa, si è sempre pensato che la cultura fosse incapace di produrre ricchezza, a meno che non dimostrasse di conquistare un pubblico pagante, spesso a danno del contenuto stesso. Cosa è cambiato nel frattempo?

Quello che è cambiato è che oggi c’è una crescente consapevolezza del fatto che la cultura è sempre più integrata in tutte le dimensioni del nostro vivere quotidiano, e che c’è un legame molto forte tra il livello di partecipazione culturale attiva delle persone e la capacità della cultura di generare valore economico e sociale. E’ da molto tempo che sappiamo che le industrie culturali possono generare ricchezza – si pensi ad esempio all’impatto dell’industria editoriale, televisiva, cinematografica e musicale degli anni d’oro, e all’impatto attuale dell’industria dei videogiochi. Ma ora sta diventando sempre più chiaro che le nuove frontiere dell’industria culturale non si riducono soltanto al pubblico pagante tradizionale – del resto, in molti settori come sappiamo la possibilità di accesso gratuito ai contenuti culturali, con o senza il consenso degli eventuali detentori del copyright, è sempre più facile e di fatto inarrestabile – ma hanno sempre più a che fare con la capacità di generare attenzione, di permettere forme nuove di apprendimento, e persino di migliorare il benessere psicologico soggettivo in misura abbastanza rilevante da incidere sui sistemi di welfare.

Che cos’è la Cultura 3.0? Perché presuppone la partecipazione attiva dei cittadini e lo sviluppo di comunità di pratica? E soprattutto, perché oggi è così importante per il futuro dell’Italia e dell’Europa?

La Cultura 3.0 è appunto il modello emergente di organizzazione della produzione e della disseminazione dei contenuti culturali, che si distingue per la crescente smaterializzazione della frontiera tra chi produce cultura e chi ne fruisce. Se fino ad ora qualunque ragionamento sull’impatto economico della cultura passava dalla capacità di generare una domanda pagante, quel che stiamo capendo oggi è che la partecipazione attiva può produrre di per sé effetti rilevanti nella misura in cui produce effetti comportamentali importanti in termini di salute, capacità di apprendimento e propensione al lifelong learning, sensibilità verso la sostenibilità ambientale, coesione ed integrazione sociale, e così via. L’Italia è oggi uno dei paesi in Europa con i tassi più bassi di partecipazione culturale attiva, e credo che anche questo fattore, tra i tanti, influisca in modo rilevante sulle nostre difficoltà attuali di crescita. Il passaggio dalla partecipazione individuale alla comunità di pratica è poi un altro elemento decisivo. I processi di produzione e disseminazione dei contenuti culturali hanno sempre più chiaramente un aspetto sociale e in particolare comunitario i cui effetti iniziamo a capire soltanto ora. Imparando insieme, ma anche inventando insieme, le persone sentono di poter far parte di un processo condiviso di senso, di appartenere a qualcosa nella quale si possono riconoscere, passando dal ‘questo l’ho fatto io’ al ‘questo l’abbiamo fatto noi’. Negli ultimi quindici anni il tessuto della vita civile italiana è stato profondamente logorato dalla diffusione di modelli comportamentali e prima ancora di narrazioni collettive fortemente individualizzate. Per noi questo può essere il modo di recuperare un capitale sociale allo stato latente, che esiste ancora ma che potremmo anche perdere definitivamente se continuiamo a trascurarlo. E la preoccupante ondata di xenofobia e di conflitto sociale che attraversa oggi l’Europa ci ricorda che questo non è un problema soltanto italiano: il futuro dell’Europa come entità non soltanto politico-economica ma anche culturale dipenderà dalla nostra capacità di raggiungere livelli elevati e fortemente inclusivi di sviluppo umano.

La candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura si contraddistingue, in ogni sua pagina, per un intenso coinvolgimento dei cittadini. Se Siena sarà designata capitale, cosa accadrà in città nel 2019?

Da un certo punto di vista, il nostro lavoro è proprio quello di progettare e pianificare il progetto nei minimi particolari per far sì che, a differenza di quanto è successo in Italia per molti grandi eventi e di quanto rischia purtroppo di succedere ancora una volta per l’Expo, Siena Capitale rappresenti effettivamente uno spartiacque in termini di concretezza ed efficacia del programma artistico e delle sue ricadute di ogni genere sul territorio. Ma allo stesso tempo, il nostro lavoro è anche quello di fare in modo di ‘non sapere quello che accadrà’, nel senso che non vogliamo dare vita ad un progetto pilotato dall’alto, che funziona come una kermesse promozionale. Vogliamo al contrario che sia un processo che prende forza dal basso, dalla straordinaria energia dei senesi e dei tantissimi partner europei che hanno scelto di condividere con noi i rischi e le soddisfazioni che si accompagnano ad un progetto di questa complessità. Quello che credo vedremo sarà soprattutto una città che offre un’esperienza del tutto insolita, soprattutto se si pensa a quanto sia caratterizzata oggi Siena nell’immaginario degli italiani e degli europei. Dal punto di vista del turismo, che è uno degli elementi centrali per le valutazioni della giuria che assegna il titolo, ciò che ci proponiamo di fare è proprio riuscire a posizionare Siena come meta di ‘scoperta’ per il 2019 – attirare cioè visitatori da tutta Europa creando curiosità su quanto di imprevedibile e inaspettato possa succedere. Sarà certamente un’esperienza piena di tecnologia di ultima generazione, ma anche di arte di strada; ci saranno grandissimi artisti contemporanei al lavoro, ma anche piccole bande musicali. Ci sarà veramente di tutto, ma soprattutto non ci saranno le cose che tutti si aspetterebbero da una Capitale Europea della Cultura: una sfilza di mostre, concerti e festival. Lavoreremo su formule completamente nuove. Il programma di Siena 2019 vuole dare una visione concreta di cosa può essere, e di cosa sarà, la Cultura 3.0, e quindi avremo una cultura che accade soprattutto dove vive e lavora la gente, avremo molti processi di creazione collettiva, e soprattutto non avremo pubblico – avremo soltanto gente che partecipa a quello che accade in prima persona.

Quando cominciammo a giocare su Twitter con Pavese e le Langhe, noi partimmo dall’urgenza di esplicitare in chiave nuova il rapporto fra cittadini, cultura e territorio. La twitteratura non è letteratura su Twitter, ma allora #2019SI che cosa è?

L’esperienza di #2019SI rappresenta un esempio molto chiaro della direzione in cui ci vogliamo muovere – e naturalmente è stata solo il primo passo per fare della twitteratura una delle colonne portanti del programma artistico di Siena 2019. Siena è una città di storie. Puoi fermare un cittadino a caso e parlargli di eventi successi nel 1200, e con tutta probabilità non soltanto ti sentirai rispondere a tono, ma verrai ricompensato con una quantità impressionante di informazioni e di aneddoti di cui non sospettavi nemmeno l’esistenza. #2019SI è stato quindi un primo esperimento per portare questa cultura delle storie e della tradizione orale nello spazio digitale attraverso la mediazione di alcuni testi letterari e visivi fondamentali per capire la storia e l’identità di Siena, ma anche per immaginarne le future, possibili declinazioni. La risposta straordinaria che c’è stata mostra chiaramente che questo modo di raccontare e di raccontarsi emoziona e funziona – le storie e la narrazione saranno sempre più il fondamento delle nostre esperienze di senso e ciò che davvero ci fa sentire di appartenere a qualcosa. Il rapporto unico che questa città ha sviluppato nei secoli con quella specie di enciclopedia del patrimonio civile che è l’affresco del Buono e del Cattivo Governo di Lorenzetti rende questo esperimento particolarmente importante, in quanto dimostra come la riscrittura collettiva dei testi fondamentali di una comunità sia in ultima analisi un vero e proprio esercizio della cittadinanza attiva – un modo per dire che anche noi siamo parte di quel patrimonio di cui parliamo, non semplicemente come custodi (notturni, magari), ma come una sua componente attiva, propositiva, capace di produrre scarti inaspettati, di esplorare territori non ancora conosciuti (compresi i vicoli ciechi), e anche di rimetterne in gioco quelle parti che non conoscevamo o che credevano superficialmente di conoscere. E per dire che in ultima analisi dipende da noi ciò che quel patrimonio sarà e significherà domani. Per cui, lunga vita a #2019SI, e speriamo che abbia una capacità epidemica sempre più forte. Gli untori non ci mancano…


Pier Luigi Sacco - Tw LetteraturaPier Luigi Sacco (@PierLuigiSacco) – Nato a Pescara nel 1964, è direttore di Siena 2019. Ha insegnato/insegna presso le università di Firenze, Bologna, IUAV Venezia, Chieti-Pescara, Johns Hopkins Bologna Center, Milano Bocconi, Milano Vita/Salute San Raffaele, Uninettuno, Università della Svizzera Italiana Lugano, Trentino School of Management e IULM Milano. E’ consulente di numerose amministrazioni, istituzioni e organizzazioni nei campi delle politiche culturali, dell’economia dei mercati culturali e della responsabilità sociale. E’ autore di più di cento articoli pubblicati su riviste internazionali e su volumi collettanei peer reviewed con i principali editori scientifici internazionali sui temi della teoria economica, della teoria dei giochi, dell’economia della cultura e delle industrie culturali.