Mariangela Redaelli insegna alla scuola secondaria di primo grado “Filippo Turati” di Cantù. Ci racconta, ora che è conclusa, la sua esperienza con #TwPinocchio.
Dopo aver incontrato TwLetteratura hai deciso di coinvolgere i tuoi studenti nella lettura e riscrittura delle Avventure di Pinocchio di Carlo Collodi: cosa ti ha spinta ad aderire a un progetto extracurriculare come questo?
Noi insegnanti ci chiediamo spesso quali strategie usare per arrivare in maniera più diretta ai ragazzi. Nello scorso anno scolastico sono venuta a conoscenza del progetto Twitti@mo (proposto da USP di Como, La Provincia, TwLetteratura e Archivio Diaristico Nazionale), un modo originale, ma non improvvisato, di studiare: leggere un libro, discuterlo e riscriverlo con un tweet. È stata un’esperienza appassionante che mi ha fatto ricredere su tanti pregiudizi nei confronti dei social network. Mi sono lasciata coinvolgere, motivata da importanti risultati didattici: avevo a che fare con ragazzi poco motivati e i social mi hanno dato la possibilità di avvicinarli a contenuti fondamentali per la loro crescita. Twitter era lo strumento da privilegiare per dialogare con loro.
Quando mi è stata riproposta la partecipazione per quest’anno scolastico, ho aderito a #TwPinocchio con entusiasmo. Ci siamo appassionati a questo burattino che vuole diventare bambino interpretando il testo, cercando di capire cosa voleva comunicare l’autore, inserendo la narrazione nella realtà storica dell’Italia post unitaria. Partendo dalla lettura a voce alta del testo, siamo passati all’analisi delle pagine (struttura, linguaggio, punto di vista dell’autore) e alla riscrittura in 140 caratteri. Punto di forza del progetto è il potersi relazionare con tante altre scuole: è stimolante per ricevere idee diverse o conferme. Ci si accorge che studiare può risultare divertente e forse il segreto della buona scuola è proprio vivere con passione. L’uso dei social si rivela un’opportunità per coinvolgere gli alunni, anche i meno motivati, in una scuola che non può rinunciare al suo ruolo di trasmissione del sapere e di educazione delle nuove generazioni.
Internet, digitale, innovazione. Il ruolo degli insegnanti si è fatto più complesso, soprattutto a fronte di studenti che sembrano amare sempre meno la lettura, ma al tempo stesso leggono e scrivono di più attraverso il web. Cosa ti senti di suggerire ai colleghi che condividono questo cambiamento?
L’uso dei social si è rivelato un’opportunità non indifferente per coinvolgere i miei alunni. Utilizzando i social si ottengono due importanti risultati: avvicinare i ragazzi ai libri, facendoli lavorare sulla pratica della lettura e della scrittura, e educarli alla responsabilità nell’uso della tecnologia. I ragazzi devono essere consapevoli del fatto che, quando si mette un’informazione in Rete, il mondo ne diventa padrone. La scelta di Twitter rispetto ad altri social mi sembra molto valida perchè i tweet sintetizzano la lettura e i 140 caratteri implicano un esercizio di sintesi ma anche di creatività.
La proposta di un progetto ben delineato mi sembra la via più percorribile per cogliere il potenziale educativo di un social, far capire ai ragazzi che bisogna saper comunicare dicendo qualcosa di interessante. Essere su un social può essere divertente ed emozionante, ma deve e può essere usato in modo responsabile. Come scriveva Ezio Raimondi: “Sentivo che il futuro dei ragazzi dipendeva dalla forma con cui potevo esprimere me stesso e la letteratura, che insegna a cercare e a dare un senso. Leggere significa dialogare, ridare alle parole la loro forza. Il libro è una cosa viva, un amico fragile, una creatura indifesa di cui prendersi cura. Il lettore è il custode a cui il libro dà in prestito la propria voce, esteriore o interiore che sia. Non si dà vero dialogo col testo, senza avvertire la responsabilità dell’altro in sé”. Queste parole hanno trovato la loro traduzione pratica in TwLetteratura, che apre un mondo di micro-riscritture che non possono prescindere da una lettura approfondita del testo di cui ci si sta occupando e rimandano ad altri dati che vanno conosciuti per essere discussi. La brevità funzionale all’analisi critica non è un vincolo ma un’opportunità. E ci vuole poco: un libro, una connessione Internet, un account Twitter. Il testo scivola da un ambiente cartaceo ad uno multimediale e ti mette in relazione con gli altri.
Per diverse ragioni, a partire dall’età in cui affrontano gli studi, i ragazzi della scuola media inferiore sembrano essere quelli che risentono di più dei limiti e dei ritardi del sistema scolastico. Cosa occorrerebbe fare per rendere la scuola più coinvolgente ed efficace nei loro confronti?
Mi piace pensare che i nostri alunni possano avere opportunità per sperimentarsi, affinché diventino individui coscienti di sè: solo in questo modo si può dare valore alla scuola. I ragazzi devono rendersi conto che l’apprendimento svolge un ruolo primario nella vita quotidiana, ma l’apprendimento deve essere esperienza di vita. Oggi ci sono nuovi strumenti di comunicazione, di ricerca e di produzione di contenuti, e di tutto questo non si può non tener conto anche a livello didattico: si può e si deve andare in questa direzione per migliorare la motivazione e la partecipazione degli studenti. Non è sempre facile integrare la Rete con la nostra tradizionale formazione, ma la tecnologia è da intendersi come uno strumento didattico che si affianca agli altri a disposizione della scuola per veicolare esperienze e configurare contenuti. La tecnologia, però, va applicata a progetti precisi: bisogna insegnare ai ragazzi a non lasciarsi sommergere dalle informazioni che ci circondano perchè ormai la differenza non è più tra chi possiede l’informazione e chi no ma tra chi è in grado di gestire i dati che riceve e chi no.
Accreditare Internet come metodo didattico è un’opportunità che la scuola non può perdere per portare un costume nuovo in una realtà indecisa fra l’obbedienza ai programmi e l’impegno in esperienze didatticamente originali e socialmente avanzate, di rottura. Le suggestioni a imboccare una via diversa nella pratica di far scuola si moltiplicano anche se si calano su una realtà contraddittoria di insegnanti non sensibilizzati a tradurre la propria professionalità in forme più avanzate, certamente più faticose e più difficili, di sperimentazione ma – nello stesso tempo – drammaticamente bisognosi di qualificare l’immagine sociale della propria quotidianità e di trovare indicazioni per poterlo fare nel proprio lavoro nella classe.
Gli alunni, essendo nativi digitali, hanno un approccio naturale e spontaneo con le nuove tecnologie: compito di noi docenti è quello di trasformare le loro abilità in competenze che potranno utilizzare in futuro. Nella nostra scuola si lavora spesso per classi aperte e ciò costituisce una opportunità di scambio continuo tra bambini di diverse età. Inoltre, in questo modo è possibile apprendere in piccoli gruppi attraverso l’aiuto reciproco in azioni corresponsabili. Altro obiettivo importante è lo sviluppo della capacità espressiva: far nascere negli alunni la voglia di scrivere. I nostri ragazzi malvolentieri si cimentano con carta e penna davanti ad un foglio bianco ma poi trascorrono ore a scrivere e-mail e sms che, sommati, riempirebbero interi quaderni. #TwPinocchio, per esempio, mi ha consentito di far entrare i ragazzi in Rete per sperimentare nuovi luoghi di incontro, virtuale ma reale perchè dietro un account c’erano altri ragazzi come loro. Internet rafforza la voglia di scrivere perchè si ha davanti a sè un prodotto reale indirizzato a un pubblico vasto e destinatari autentici per il proprio testo.
Occorre adeguare le pratiche didattiche ad alunni “nativi digitali” e ai nuovi strumenti digitali per spingere i ragazzi ad essere curiosi della realtà che li circonda e trovare contenuti da indagare. Un primo vantaggio che si ottiene è lo sviluppo della voglia di scrivere: quando ogni messaggio può essere ripreso e discusso il ragazzo è invitato a vagliare criticamente il materiale raccolto. Ne trae vantaggio anche la capacità comunicativa perchè la comunicazione è rivolta a un pubblico potenzialmente vasto e quindi lo studente si rende conto della necessità di farsi capire da tutti.
Se dovessi indicare le tre cose più riuscite di un esperimento come #TwPinocchio e le tre cose che invece bisogna migliorare nella costruzione del gioco, quali individueresti?
Tra i punti di forza di #TwPinocchio è da segnalare innanzitutto la possibilità di usare la tecnologia non fine a se stessa ma come strumento per la realizzazione di un progetto ben preciso, attraverso il quale educare a un uso responsabile dei social network. Non riscontro punti di debolezza nel progetto ma nella difficoltà che, a volte, si incontra nell’avere a disposizione ciò che serve per mandarlo avanti. Non è sempre scontato poter contare su un “semplice” pc e una “semplice”connessione a Internet in un’epoca in cui si esalta la LIM! Altro limite è il poco tempo a disposizione nelle scuole, soprattutto in quelle che non hanno un tempo pieno nel quale portare avanti pratiche di laboratorio.
Mariangela Redaelli (@nomecognome911) – Attualmente è docente di Lettere nella scuola secondaria di primo grado dopo una più che ventennale esperienza di insegnamento anche nei Licei. Innamorata della vita e della famiglia, crede nella scuola come veicolo educativo e ritiene che il docente debba trasmettere il sapere ma non possa rinunciare all’aspetto formativo della sua professione: è infatti convinta che il segreto del buon insegnamento sia la passione, e infatti il suo motto è “appassionarsi per appassionare”. Tutto passa attraverso la relazione con l’altro; se metti in gioco te stesso, l’altro incontra la persona che è in te e diventi credibile.
Foto: Steve Best, Luci a cantù IV B/N (Creative Commons).