Federico Maggiora ha fondato un’Accademia speciale, che insegna a sviluppare le competenze per chi vuole lavorare nel sociale e nel Terzo Settore. Per creare imprese che sono un vantaggio per tutti.
Oggi si parla molto di progettazione sociale, tuttavia ho l’impressione che le buone pratiche in questo campo non siano ancora così formalizzate e chiare. Come fare a distinguere fra ciò che ha valore e ciò che non ne ha?
Più che di progettazione sociale parlerei di “progettare a impatto sociale”. Stiamo attraversando un momento storico in cui il concento di sociale si sta allargando profondamente, uscendo dai confini del “Terzo Settore” per abbracciare la “comunità” a 360°. Molte istituzioni pubbliche e private stanno allargando i propri orizzonti cambiando il loro paradigma da progetto a modello. Quest’ultimo dovrà essere non più solo sostenibile nel tempo ma anche un generatore di valore inteso come impatto sociale, ovvero risultati quantitativi e qualitativi che producano valore sociale per la comunità e siano rendicontabili nel tempo. Questo cambio radicale di paradigma si basa su un profondo cambio di mentalità e di visione nel progettare: non si partirà più da uno specifico bisogno ma si allargherà il ventaglio degli input a “opportunità, bisogni, esigenze e problemi”, per loro natura diversi fra loro e per questo non “ingabbiabili” in processi progettuali rigidi e standardizzati. Il progettista dovrà sviluppare visione trasversale, elasticità mentale, capacità di osservazione, di lettura e di analisi del cambiamento e predisposizione alla generazione di reti e di interconnessioni che – attraverso design progettale, business planning e project management – permettano la nascita di modelli a impatto sociale sostenibili nel lungo periodo. Il progettista deve “fare accadere le cose”, ovvero ideare, coordinare, realizzare e rendicontare progetti e modelli anche dal punto di vista dell’impatto sociale.
Condivido sull’attuale presenza di una moltitudine di buone pratiche, variegate perché riferite a comunità e a ambiti d’intervento diversi. Ben vengano tutte in quanto permettono di segnare il campo: obbligano organizzazioni e persone impegnate nel loro sviluppo a rendersi conto di quanto sia importante abbandonare la logica della “buona volontà” per abbracciare quella dell’investimento professionale e della crescita delle proprie competenze. Non c’è un’unica ricetta per per individuare modelli di valore: è importante che ciascuno generi risultati misurabili di lungo periodo, non sia vincolato a singole elargizioni liberali, produca ricavi reinvestibili, coinvolga attivamente una più ampia rete di soggetti pubblici e privati, profit e nonprofit, e generi efficienze della spesa a favore della creazione di una vera e propria economia di comunità. Tutto ciò è possibile anche con il volontariato, considerando come valore le persone e come bene prezioso il loro tempo, tutte risorse da non disperdere.
L’Accademia di Progettazione Sociale Maurizio Maggiora si è data un obiettivo sfidante: generare impatto sociale favorendo la nascita di nuove professioni, come quella del progettista. Vuoi descriverci in cosa consiste questo impegno e a quali soluzioni ricorrete per raggiungerlo?
In Accademia abbiamo compreso quanto la trasformazione del modo di progettare nel sociale generasse la necessità, per tutte le organizzazioni coinvolte nella comunità, di investire sulla professione di progettista e, soprattutto, sui giovani progettisti. Abbiamo ideato un vero e proprio modello di sviluppo HR che consenta ai giovani che vogliano investire nel “progettare a impatto sociale” di crescere gradualmente in consapevolezza, esperienza e competenza al fine di “acquisire facendo” i metodi e gli strumenti del progettare. Il modello di sviluppo, fondato su tre livelli (percorso esperienziale, attività sul campo e borsa lavoro o tirocinio/stage), consente al ragazzo di definire con Accademia un vero e proprio progetto individuale di crescita professionale che equilibri il suo percorso di apprendimento alla sua volontà d’investimento e all’obbiettivo professionale da raggiungere (es. componente di team consapevole, apprendista progettista, progettista junior e senior). È una proposta innovativa che abbiamo voluto mutuare anche per i nostri volontari i quali costituiscono la base portante dell’Accademia. I due modelli di sviluppo e la cultura del progettale a impatto sociale sono i tre pilastri della mission della nostra Associazione.
Tra le diverse attività di cui vi occupate c’è l’educazione civica. Quanto è cambiato il modo in cui oggi si affrontano questi temi a scuola? A quasi settant’anni dalla promulgazione della Costituzione della Repubblica Italiana, quanto bisogno c’è di tenere viva questa dimensione?
Molto è cambiato e tanto si è disperso. Dobbiamo far riacquisire agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori i valori sociali e del rispetto civile. È importante che sappiamo riconoscere i diversi e variegati bisogni della nuova società: saranno i cittadini del futuro, fin da adesso debbono abituarsi a non essere passivi e possono contribuire a far sì che questo degrado sociale almeno si arresti. La progettazione sociale è sicuramente uno strumento molto utile per questi ragazzi. Pertanto stiamo sviluppando un modello d’intervento per le scuole che utilizzi l’analisi dei bisogni e il gioco come metodo per rendere più consapevoli i “ragazzi delle medie” attraverso il coinvolgimento dei “ragazzi delle superiori”. Siamo convinti che l’interscambio generazionale insieme alla progettazione sociale siano un mix vincente per creare un’educazione civica 3.0.
In Italia la riflessione sui confini tra le attività profit e nonprofit pare ancora ferma a un basso livello di consapevolezza, nel senso che al di fuori delle grandi istituzioni organizzate un esercito di piccole iniziative si fronteggia in modo disordinato e spesso irregolare. Quando costruiremo un paradigma efficace?
Si è già compiuto un grande passo avanti perché la linea di demarcazione fra profit e nonprofit si è progressivamente ridotta. Molte sinergie si stanno attuando, molto c’è ancora da fare. La riforma del Terzo Settore e i modelli sperimentali di Social Impact Finance stanno andando in quella direzione. Manca ancora la cultura del fare sistema: iniziative ancora sperimentali, di piccolo cabotaggio e con ridotta scalabilità, il cui paradigma si sta costruendo in maniera inconsapevole. Il modello Accademia potrebbe essere uno strumento per creare questa cultura: è necessaria visione e voglia di superare gli “italici campanilismi”. Contaminare il Terzo Settore non è facile ma possibile, creare professionisti che lo sappiano fare fondamentale, lavorare sul passaggio generazionale indispensabile. Molto spesso il progettista è un mediatore culturale: rende comprensibili linguaggi e logiche differenti, a volte diametralmente opposte, abbattendo barriere. Riuscendo ad accelerare questa metamorfosi culturale avremo creato le basi per un paradigma efficace di interscambio fra questi due mondi e per la creazione di un’economia del bene comune radicata sulla relazione a tre: profit, nonprofit e Pubblica Amministrazione.
Federico Maggiora (@AccademiaMM1) – Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Torino, si è occupato di accompagnare lo start-up, lo sviluppo e il consolidamento di organizzazioni nonprofit e imprese sociali, soprattutto nell’ambito della progettazione sociale. Progettista esperto di innovazione sociale, è attualmente Project Manager della Divisione Banca dei Territori del Gruppo Intesa Sanpaolo. Fino al maggio 2015 è stato Project Manager Officer della Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – Banca Prossima – Gruppo Intesa Sanpaolo. È fondatore, oltre che presidente, dell’Accademia di Progettazione Sociale Maurizio Maggiora. Da ottobre 2008 a dicembre 2010 ha ricoperto il ruolo di Assistente dell’AD di Banca Prossima e responsabile della progettazione strategica e business development del Laboratorio e Banca e Società, struttura in staff al CEO di Intesa Sanpaolo. Inoltre ha coordinato i progetti speciali della Direzione del Personale della Divisione Banca dei Territori del Gruppo. Ha fondato e diretto SFM s.r.l., società di consulenza in progettazione sociale e fundraising strategico. È esperto in business modelling sociale e nell’orientamento, mentoring e accompagnamento allo sviluppo professionale di giovani progettisti sociali.
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