Verso un’Europa diversa, con consapevolezza

Abdullahi Ahmed sarà uno dei relatori coinvolti nel nostro progetto di lettura e commento de #LaTregua di Primo Levi, dedicato alla crisi dei migranti in Europa. In questa intervista ci racconta il suo impegno per l’integrazione e l’accesso alla cittadinanza.

Manifestation contre les accords de Dublin - #RefugeesWelcome@Gustave Deghilage

Partiamo dai luoghi comuni. Molti cittadini italiani sembrano avere le idee poco chiare su alcuni concetti chiave: non conoscono il significato della parola “rifugiato”, non conoscono la situazione politica ed economica dei paesi da cui rifugiati e migranti provengono e, solitamente, iniziano i loro discorsi con “Io non sono razzista, ma…”. Come affronti questo atteggiamento quando ti confronti pubblicamente con loro?

Partendo dal presupposto che so che c’è una grande confusione sul tema degli immigrati e dei rifugiati, in parte dovuta alla mancanza di informazione corretta, cerco prima di tutto di essere paziente. Una delle cose che ho imparato è accettare il confronto. Di solito quando inizio pongo una domanda: perché una persona decide di mettere a rischio la propria vita per venire in Europa? Poi a chi mi dice che “dovremmo aiutarli a casa loro” rispondo che dovrebbero sapere che oggi il mondo spende 12 volte di più in investimenti militari piuttosto che in aiuti ai paesi in via di sviluppo: questo è difendere la pace? E da li tutto diventa un confronto dove c’è spazio anche per il racconto dei viaggi e delle sofferenze.

Una delle cose che mi hanno colpito, fra ciò che di te ho letto e ciò che mi hai detto, è la parola “consapevolezza”: la consapevolezza con cui dici di essere salito su quel barcone e la consapevolezza con cui oggi accetti l’impegno, di per sé coraggioso e scomodo, di essere testimone di chi ha vissuto un’esperienza difficile. Come possiamo allora diventare più consapevoli di noi stessi e della nostra stessa cittadinanza?

Si può diventare consapevoli soprattutto iniziando a studiare la storia del proprio paese. Prendiamo ad esempio Torino – è stata la prima capitale d’Italia; automobile, cinema radio e televisione sono nati qui – ebbene, qualche anno fa’, nel periodo del boom economico, gli stessi Italiani che venivano dal sud non erano accolti nel migliore dei modi, e di certo non si può dire che rubavano il lavoro ai torinesi doc. Per fortuna certe cose si sono superate con il tempo. Per l’integrazione bisogna essere in due. In questo periodo di crisi economica bisogna evitare di ripetere alcuni errori del passato.

Negli incontri in cui ti confronti con gli studenti utilizzi il metodo dei bigliettini, che per certi aspetti è simile a quello dei tweet di carta che con TwLetteratura adottiamo nelle scuole. Ci spieghi in cosa consiste? Inoltre, fra le diverse attività in cui sei impegnato, ce n’è una che riguarda la lettura, o meglio un modo davvero singolare di leggere le persone e le loro storie. Ti chiederei di raccontarcela.

Uso i bigliettini perché voglio che gli incontri siano un momento di confronto e di scambio di idee. Per questo prima di raccontare la mia storia chiedo ai ragazzi di rispondere a quattro domande, così mi raccontano anche la loro storia. Oltre al nome chiedo anche quali sono i loro sogni, le loro paure, che cosa fanno di bello con e per gli altri dopo la scuola. Inoltre, chi non ha il coraggio di esporsi può farmi delle domande attraverso questo metodo. Per quanto riguarda invece la Biblioteca Vivente, la maggior parte delle attività sono organizzate dall’associazione LVIA (Associazione Internazionale Volontari Laici, ndr). Gli incontri si svolgono in piazze o in posti molto frequentati. Al posto del libro c’è una persona in carne e ossa la cui storia può essere “sfogliata”. I “libri” sono persone che solitamente la gente comune non ha modo di incontrare. Possono essere rifugiati, ragazze col velo, ecc. Chiunque può partecipare e sfogliare un “libro”, facendo tutte le domande che desidera.

Quando ci siamo incontrati eri in partenza per l’Ungheria, un paese che alla crisi dei migranti in Europa ha dato una risposta molto rigida e reazionaria. Che cosa pensi del futuro di questo continente, che nonostante gli sforzi e l’impegno di molte persone sembra tuttavia dimenticarsi troppo facilmente la sua storia? Che cosa dobbiamo fare per impedire che dopo la caduta delle frontiere si rialzino i muri fra uno stato e l’altro?

Nel maggio di quest’anno sono stato in Ungheria con 150 studenti provenienti da tutta Italia. Meridiano d’Europa è il nome del progetto che è stato organizzato da un gruppo di associazioni, con capofila Acmos. E’ stato il mio primo viaggio da cittadino italiano, avendo la carta d’identità o il passaporto italiani sono stato in grado di viaggiare senza problemi. Questo però mi ha fatto mettere nei panni di chi stava dalla altra parte del filo spinato, sapendo che sono persone che scappano da situazioni di guerra: siriani, iracheni e palestinesi, che certo non sono migranti economici e non vorrebbero rimanere neanche un minuto nel territorio ungherese. Loro senza questo pezzo di carta sono costretti ad affrontare il pericolo della morte in viaggi difficilissimi. Trattando i profughi di guerra in questo modo, l’Europa nega i suoi stessi valori. Noi ci siamo andati il 9 maggio, il giorno della festa dell’Europa, appunto per costruire un Europa diversa, partendo dalla storia di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene.

Foto: Gustave Deghilage (creative commons)

Abdullahi Ahmed @LaStampaAbdullahi Ahmed è nato a Mogadiscio nel 1988. Nel 2008 ha raggiunto Lampedusa per poi approdare a Settimo Torinese, città che gli ha riconosciuto la cittadinanza onoraria nel settembre del 2014. Abdullahi ha lavorato come mediatore nel mondo dell’accoglienza dei richiedenti asilo, mondo che ha visto da entrambi i lati e di cui conosce profondamente le contraddizioni e le potenzialità. Da sempre impegnato sui temi dell’integrazione e dell’accesso alla cittadinanza, si è speso in questi anni nella promozione di campagne volte ad aumentare la sensibilità culturale, sociale e politica verso il fenomeno migratorio. [Foto @LaStampa.it]

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