Dall’11 al 13 novembre 2016 su Betwyll abbiamo giocato con #Proverbi insieme a un gruppo di studenti di italiano dell’Università di Harvard. Qui abbiamo intervistato i due studenti/giudici del gioco e la professoressa del loro corso, Elvira Di Fabio.
#Proverbi è un progetto dedicato a un aspetto specifico e particolare della lingua italiana: i dialetti. Ci volete spiegare come è nato e come lo avete organizzato? Perché nell’università di Harvard, negli Stati Uniti, avete voluto studiare proprio dei proverbi in dialetto?
Andy: Ricky e io stiamo seguendo un corso sullo sviluppo della lingua italiana dal punto di vista storico, morfologico, e fonologico. La grande diversità dei dialetti ci ha colpito molto, e volevamo approfondirne la nostra conoscenza. L’unico problema è che la maggior parte dei dialetti non lasciano tante tracce scritte (eccetto alcuni dizionari che però non danno indicazione di come funziona il dialetto parlato), quindi per noi era difficile studiare dettagliatamente le varie tradizioni dialettali finché non abbiamo trovato il sito web www.dialettando.it, su cui ci sono liste abbondanti di proverbi in quasi ogni dialetto. Questi proverbi ci sembravano ottimi esempi dell’uso colloquiale e quotidiano del dialetto, di lunghezza gestibile e di rilevanza culturale. Tramite questi proverbi potevamo assaggiare ogni dialetto, indovinando le particolari convenzioni linguistiche e apprezzando la varietà di suoni e strutture che ne risulta.
Ricky: L’idea di questo gioco con i proverbi è venuta dai compiti. La classe si chiama “The Structure and Sounds of Italian”, quindi il programma include lo studio dei dialetti. Un giorno dovevamo scegliere delle opere in dialetto per discuterne in classe. A me hanno colpito specificamente i proverbi perché mi hanno ricordato di quelli in spagnolo, la mia madrelingua. Quindi abbiamo deciso di usare i dialetti per fare un gioco con Betwyll. Riguardo alla seconda domanda su perché qui a Harvard e perché negli Stati Uniti, credo che sia molto importante capire in qualsiasi posto che i dialetti hanno un proprio valore come lingue. Se vogliamo studiare l’italiano, bisogna studiare tutti i suoi aspetti.
Elvira: Su richiesta degli studenti abbiamo dedicato un modulo del corso al fenomeno dei dialetti. Oltre al discorso dell’evoluzione della lingua e della questione della lingua che inizia con Bembo et alia fino a Manzoni/Ascoli, un paio di capitoli in Serianni e Antonelli (Manuale della linguistica italiana, 2011) sono dedicati alle varianti linguistiche e specificamente ai dialetti. Gli studenti hanno visto una serie di interviste dove i parlanti hanno parlato nei loro dialetti (dalla Sicilia al Piemonte), e hanno cercato di identificare caratteristiche fonologiche di ciascun soggetto. Abbiamo visto lo spezzone di Totò che vende la Fontana di Trevi, e abbiamo cercato di identificare le caratteristiche dei personaggi attraverso le loro parlate. Dopodiché gli studenti hanno visto I compagni (1962, Monicelli) e C’eravamo tanto amati (1974, Scola) per capire come i tratti di un personaggio potranno essere comunicati tramite la lingua, o meglio il dialetto (italiano regionale / dialetto regionale). Alla fine ho chiesto agli studenti di esplorare un sito web (www.dialettando.com) dove vengono raccolti dialetti in vari generi, e gli studenti stessi sono rimasti affascinati dai proverbi in dialetto. Credo che lo studio dei dialetti presenti una sfida intellettuale. Li incuriosisce l’idea di una nazione di tanti bilingue (dialetto e lingua standard).
Parlare di dialetti italiani significa anche studiare la cultura più antica dell’Italia: con i twyll di #Proverbi avete studiato o approfondito anche la cultura oppure si è trattato solo di giocare creativamente con la lingua?
Andy: Dato che l’obiettivo primario di #Proverbi era di tradurre i proverbi in italiano, a me il progetto più che altro ha fatto capire la flessibilità e il potenziale creativo della lingua italiana. Pochi partecipanti hanno scritto twyll in dialetto, quindi questo progetto non mi ha messo in un ambito linguistico straniero che mi avrebbe dato l’opportunità di impegnarmi con l’antica storia dei dialetti. Detto questo, però, direi che il progetto mi ha sicuramente esposto a giri di parole in italiano che non conoscevo prima, e anche a proverbi italiani (a volte, i partecipanti hanno risposto a un proverbio con un altro)!
Ricky: Credo di avere capito un po’ più l’umorismo italiano, ma nel gioco con questi twyll si è trattato più di essere creativo. Comunque bisogna riconoscere il valore dei dialetti per la cultura italiana e proteggerli attraverso il tempo.
Elvira: Direi che sia stato più un esercizio linguistico che un’indagine dell’implicazione culturale sottostante.
Voi, Andy e Ricky, eravate i giudici di #Proverbi: quale delle tre indicazioni dell’OuLiPo vi è piaciuta di più? E se invece voi foste stati tra i partecipanti, come avreste commentato i proverbi in twyll?
Andy: La mia indicazione preferita era quella della lettera ufficiale. Il linguaggio burocratico italiano è molto più ricco rispetto a quello inglese, e anche più diffuso nella vita quotidiana. Per questo motivo, ho trovato molto divertenti i twyll che seguivano modelli formali che riconoscevo da contesti estremamente diversi da una discussione della letteratura. Secondo me, i twyll più creativi – quelli che hanno fatto riferimento ai fenomeni culturali e all’attualità – erano quelli che seguivano l’indicazione “come se fosse un sogno”, che essendo la meno restrittiva lasciava ai partecipanti più licenza creativa per usare la app al meglio. Se io fossi stato tra i partecipanti, mi sarei divertito sia con l’indicazione della lettera ufficiale sia con quella gastronomica. Per esempio: Cookbook canino: riempire una pentola con due padroni e metterla a bollire; mangiare quello che sale primo ma a watched pot never boils #Proverbi/01; AVVISO DI SFRATTO: lo sfrattato uccello e conviventi pulcini sono tenuti a lasciare il domicilio prima dell’inizio della stagione di caccia #Proverbi/03
Ricky: L’indicazione gastronomica dell’OuLiPo è quella che mi è piaciuta di più. La prima volta che avevo visto quest’indicazione con il progetto di Dante, ero veramente sorpreso che si trattasse letteralmente della gastronomia. Se io fossi stato tra i partecipanti, avrei commentato con traduzioni in altri dialetti. Avrei provato a farlo perché non li conosco. Per me sarebbe stato più logico commentare in inglese o in spagnolo. Mi sarebbe piaciuto anche avere delle conversazioni con gli altri utenti invece di commentare solamente.
Betwyll è una app che sfrutta l’interazione e la condivisione dei social network: tutti usiamo Facebook o Twitter o Snapchat, ma quasi mai per parlare di letteratura. Come mai avete scelto Betwyll per il vostro gioco? Con Betwyll si studia meglio?
Andy: Noi abbiamo avuto la fortuna di essere stati invitati a partecipare al beta testing della app, un gioco con la canzone di Dante “Donne ch’avete intelletto d’amore”. Ci siamo divertiti tantissimo a vedere come reagivano i partecipanti a questo nuovo modo di esprimersi e interagire con la letteratura. Capire il dialetto è molto difficile, soprattutto per noi che non siamo di madrelingua italiana. Betwyll ci sembrava un bel forum per raccogliere molte interpretazioni dei proverbi che abbiamo trovato su www.dialettando.com. Non so se si studia meglio con Betwyll, ma sicuramente si studia diversamente. È stato molto stimolante per me vedere i contributi degli altri partecipanti, in dialogo sia tra loro sia con il testo originale.
Ricky: Abbiamo scelto Betwyll per il nostro gioco grazie alla nostra Professoressa Di Fabio. Lei ci ha fatto conoscere l’app ed eravamo e siamo tuttora molto grati a Iuri Moscardi per averci dato quest’opportunità. Credo di sì. Betwyll è un tipo di social network accademico e ci lascia interagire con le opere e con altri utenti in un modo moderno che noi conosciamo.
Elvira: Chiamare Betwyll un gioco vuol dire togliere la pressione, anche perché si può rispondere in qualsiasi lingua e non solo in italiano. È un modo per comunicare con il mondo, in piccoli assaggi, che non richiede tanto tempo, anzi più spontanea la risposta, meglio è. Questo non avviene con un compito ‘accademico’ perché lo studente cerca un’impostazione o argomentazione logica. Invece Betwyll mi sembra più un tipo di amichevole battibecco, ma secondo le regole delle indicazioni, quindi controllato ma allo stesso tempo aperto alla creatività. Mi piace l’idea di comunicare con tutti gli utenti di Betwyll in tutto il mondo, oppure, di avere uno spazio più ristretto (e forse meno imponente) per una o più classi di studenti della lingua. La mobilità dell’app significa uscire fuori dell’aula, rispondere al di là della scrivania, in autobus, in montagna, dove vuoi, quando vuoi, con chi vuoi, anche con uno pseudonimo.
Andy Troska è uno studente del quarto anno all’università di Harvard. Si laureerà con una specializzazione in slavistica e studia l’italiano come materia secondaria. Si interessa di letteratura, di questioni che riguardano la teoria della traduzione, e di musica vocale classica. Al di fuori della classe, potete trovarlo sul palcoscenico dove canta in cori e opere liriche.
Ricky Rodriguez è uno studente del terzo anno all’università di Harvard. Studia Scienze Politiche (relazioni internazionali e commercio internazionale e Italiano). Il suo interesse per l’italiano è cominciato durante un programma estivo, l’International Leadership Academy, dove ha conosciuto vari ragazzi di Reggio Emilia che parlavano una lingua molto simile alla sua lingua madre spagnola. Lui è nato e cresciuto a Fort Worth, Texas, ma vorrebbe vivere un giorno in Europa. Per le attività parascolastiche, è Business Manager per l’Harvard Political Review, tesoriere per il Latino Men’s Collective, e Hillel House Life Fellow per Cabot House a Harvard.
Elvira Di Fabio è direttrice dei programmi di lingue romanze e coordina il programma di italiano presso l’Università di Harvard nel dipartimento di Lingue e Letterature Romanze. Il progetto #Proverbi è stato ideato dagli studenti del corso Italian 61: The Structure and Sounds of Italian, un corso per studenti con una padronanza avanzata dell’italiano.
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