Inga Gerner Nielsen racconta Eutopia Dystopia

L’artista danese Inga Gerner Nielsen presenta il suo lavoro a poche settimane dalla performance di Eutopia Dystopia al Polo del ‘900 di Torino.

Eutopia Dystopia Inga Gerner Nielsen

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Eutopia Dystopia è un progetto che punta ad aprire una riflessione collettiva sull’identità europea. Da artista, perché hai scelto di affrontare questo tema?

Era più o meno intorno all’epoca del voto su Brexit quando Edoardo Montenegro di TwLetteratura e io ci siamo incontrati per sviluppare un progetto europeo insieme. Io avevo la sensazione molto forte di dover fare qualcosa per attivare la mia stessa cittadinanza attiva in quanto europea. Di volermi interessare ai dibattiti su cosa l’UE dovesse essere o diventare. Allo stesso tempo, avevo la sensazione che come individui stessimo perdendo l’occasione di un momento storico importante, in cui poter cercare davvero di influenzare il futuro della democrazia europea prima che fosse troppo tardi. Sentivo che per noi danesi l’Unione Europea era principalmente un’entità economica che colleghiamo agli scambi commerciali e ai confini. Non come in altri Paesi, dove la bandiera europea è di fatto associata alla pace. 

Per me è importante sottolineare che non sto sostenendo l’Unione Europea per come funziona oggi in sé e per sé. Mi sto spendendo perché ci si impegni a costruire una visione collettiva di come vorremmo che fosse. Soprattutto in un momento in cui è così necessario che i grandi apparati istituzionali collaborino con noi per garantire un mondo sostenibile. Avevo bisogno di trovare un modo di impegnarmi personalmente innanzitutto come europea. Penso che l’identità sia molto legata alle storie che raccontiamo. Quindi, qual è la mia storia personale in quanto cittadina europea? Ho iniziato a chiedermi come una nostra possibile connessione con l’essere europei si mostri nella vita di tutti i giorni. Proviamo così spesso sentimenti nazionali, come ad esempio il particolare sapore di una torta, il suono di una canzone cantata in uno dei nostri molti dialetti, la sensazione del profumo che ha l’aria quando usciamo da un aereo. Ma ci capita mai di sentirci europei avendo esperienze di questo tipo?

Verso una modalità di percezione modificata

Il tuo approccio è molto intimo e personale, dando massima importanza alla condivisione e all’interazione uno-a-uno. Durante la performance i partecipanti vengono gradualmente accompagnati in un’altra dimensione, in cui i sensi e le sensazioni hanno un ruolo essenziale. Perché questo processo è così importante in questo lavoro?

Sì, il mio genere è la performance immersiva. Ciò significa che ogni partecipante viene accolto da un performer che spiega in maniera sottile come prendere parte all’installazione in maniera sensoriale e personale. Questo perché, per partecipare alle mie performance immersive, occorre lasciarsi guidare verso una modalità di percezione modificata. Potrebbe essere per questo che nella domanda parlate di un’altra dimensione. Questo lavoro artistico non può essere vissuto solo attraverso gli occhi. Si vive con le mani, muovendosi nello spazio. E, nel caso di Eutopia Dystopia, ad occhi chiusi, nei propri ricordi. 

In molte delle mie performance, non c’è lavoro artistico prima che il pubblico entri nell’installazione. In effetti, metà dell’opera d’arte esiste solo nella percezione del singolo partecipante. Perciò formo i performer affinché riescano a farsi un’idea del mondo interiore del pubblico. Eutopia Dystopia è anche un progetto di art-based research che si concentra sull’esplorazione dei ricordi personali tratti dalla vita quotidiana del pubblico. L’utilizzo di tutti i sensi è una tecnica per attivare sensorialmente la loro memoria. Ed eventualmente scoprire se ci sono ricordi sensoriali di un’identità europea. 

Il rovesciamento nella performance è che prima vi introduciamo nella cornice di un futuro distopico lontano eppure molto vicino. Ma in effetti non verrete mai a sapere molto di questo scenario futuro. Al contrario, sarete portati a ripensare alla vostra vita attuale come se fosse un ricordo. 

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La componente di social reading del progetto

Come integrerai l’attività di social reading su Betwyll nell’installazione della performance?

Nell’archivio inseriremo alcuni dei testi di autori europei che sono stati letti e commentati anche su Betwyll. Li utilizzeremo per esaminare storie che possono avere formato i sogni collettivi sull’Europa. Raccoglieremo alcuni dei commenti pubblicati dagli studenti su Betwyll, li trascriveremo con una macchina da scrivere su bigliettini di carta e li posizioneremo a fianco dei testi del nostro archivio. Nella performance, questo diventa una sorta di ricordo nostalgico di come eravamo soliti condividere riflessioni e costruire storie collettive in comunità online più ampie (cioè, come condividiamo riflessioni nelle comunità online oggi). Questo permetterà agli studenti che non avranno la possibilità di essere fisicamente presenti alla performance di contribuire alle riflessioni del progetto. Sono molto eccitata all’idea di poter raggiungere un pubblico più ampio integrando una tecnologia di social reading come Betwyll nella performance. 

La fase di ricerca

Man mano che la performance procede, un archivio somatico composto da tutte le storie e i ricordi condivisi dal pubblico prende forma. Quest’ultimo sarà arricchito dai messaggi condivisi durante l’attività di social reading su Betwyll. Che uso farete di questo materiale?

La performance accumula un archivio di storie che verranno presentate come una mostra all’interno dell’installazione. Una volta conclusa la performance troveremo un modo di “archiviare l’archivio”, per così dire. Il materiale sarà utilizzato per la parte di art-based research di Eutopia Dystopia. Il professor Falk Heinrich dell’Università di Aalborg e le sue due assistenti Dagmar Milthers e Christine Grøn Borg, entrambe laureate in Arte e Tecnologia, si occuperanno infatti della pubblicazione di articoli accademici a riguardo.

Una performance site-specific

Your Past Belongs to Them Now è una performance immersiva site-specific che si svolgerà al Polo del ‘900 di Torino. Quali sono state le sfide e le opportunità nel realizzare una performance in un luogo che non è tipicamente pensato per le arti performative?

Lavorando in maniera site-specific, abbiamo integrato l’installazione di Your Past Belongs to Them Now nell’architettura del Polo del ‘900. Durante le prove ho fatto diversi esercizi con i performer intorno alle sale e nei corridoi. Questo aiuta a sviluppare la drammaturgia immersiva della performance. Naturalmente può essere molto sfidante realizzare un’opera d’arte in un luogo che ospita così tante attività diverse come il Polo del ‘900. È un luogo importante per molti gruppi e allo stesso tempo una parte essenziale della quotidianità di molti individui. Quindi per me è importante che, mentre lavoriamo lì, ciascuno senta che è ancora il suo posto. La performance però arriverà sicuramente a creare anche un’atmosfera molto diversa da quella cui sono abituati. È difficile spiegare che atmosfera sarà – dovrete venire a sperimentarla di persona. Ma sono sicura che le persone sentiranno l’amore per il luogo da cui la performance ha preso forma. 

Esplorare il futuro

Tornando alla finzione di Eutopia Dystopia, qual è la tua posizione riguardo al futuro? È cambiata mentre lavoravi a questo progetto?

Ripensandoci ora, gli spazi del Polo del ‘900 mi hanno portato a chiedermi se le storie sull’identità europea verranno lette come una modalità di resistenza in un futuro in cui una crisi tecnologica ha cambiato drasticamente la democrazia europea. In altre parole, identificarsi come europei in Italia oggi è un modo di opporsi a posizioni politiche nazionaliste?

Il personaggio che interpreterò nella finzione di Eutopia Dystopia crede davvero che sia così. Incarnerò la parte della me stessa futura che è convinta che un’identità europea esistesse. E che se le persone iniziassero a ricordare questo particolare sentimento, potrebbe servire da punto di partenza per iniziare ricostruire una visione di democrazia europea. Non tutti nel gruppo saranno d’accordo con quest’idea. E nemmeno io sono del tutto certa di essere interamente d’accordo con lei/me. Ma la finzione è un modo per sviluppare davvero una prospettiva o un atteggiamento verso il futuro. L’arte performativa può essere un modo per farci esplorare modalità diverse di reagire in scenari futuri. In questo caso esplorando come si potrebbe creare un nuovo archivio di storie utilizzando la performance immersiva. E trattandosi di una performance continuativa, quello che ora è solo l’idea di una prospettiva si trasformerà, ora dopo ora, in un’esperienza vissuta di essa.  

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EUTOPIA DYSTOPIAInga Gerner Nielsen è laureata in sociologia e in Arts in Modern Culture. Ha co-fondato i collettivi Club de la Faye e Fiction Pimps e l’associazione futuristica House of Futures. Il suo lavoro artistico e scientifico muove dal desiderio di esplorare e strutturare il modo in cui le persone vivono e riflettono sul mondo. Occupandosi di sociologia, ha sviluppato nuovi metodi qualitativi per documentare e studiare l’esperienza soggettiva dell’arte performativa e le situazioni sociali che rappresenta. È assistente di Performance Design alla Roskilde University e tiene corsi su strategie immersive, documentazione di performance e metodi di ricerca. Di recente ha insegnato Art in Context all’Universität der Künste di Berlino e New Performative Practices al DOCH, Stockholm University of the Arts.

Bando Civica - Eutopia Dystopia

Eutopia Dystopia è un progetto biennale realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del “Bando CivICa, progetti di Cultura e Innovazione Civica”.

Si ringrazia FRidA – Forum della Ricerca di Ateneo per il coinvolgimento nella promozione del progetto e nell’attività di ricerca.

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